Aumentano i casi clinici di listeriosi alimentare in diverse regioni italiane. Lo fa sapere il Ministero della Salute, le cui verifiche hanno rilevato una correlazione tra alcuni casi e la presenza del ceppo di listeria in diverse confezioni di insalata già pronta. La listeriosi è un’infezione causata, appunto, dal batterio listeria monocytogenes, che può essere presente nel suolo, nell’acqua e nella vegetazione e può contaminare diversi alimenti come, latte, verdura, formaggi molli, carni poco cotte, insaccati poco stagionati. Il batterio è molto resistente: vive tranquillamente a temperature variabili da 0 a 45°C.
La principale via di trasmissione per l’uomo è quella alimentare. Anche se è piuttosto rara, ha sintomi che possono essere molto gravi e la progressione può portare alla morte, soprattutto in persone con difese immunitarie basse, neonati, anziani e donne incinte. Bambini e adulti sani possono essere infettati ma raramente sviluppano una forma severa.
Come fa sapere nella nota il Ministero della Salute, la gravità della sintomatologia varia sensibilmente in funzione della dose infettante e dello stato di salute individuale. Nella maggioranza dei casi, gli adulti sani non manifestano alcun sintomo, al massimo possono riscontrare qualche problema gastrointestinale o forme simil-influenzali.
In altre persone, specialmente nelle più fragili, i sintomi possono essere pesanti, come la gastroenterite acuta febbrile, che si manifesta nel giro di poche ore, fino ad arrivare a quella invasiva o sistemica. In persone con difese immunitarie basse e negli anziani la listeriosi può far sviluppare encefaliti, gravi setticemie e meningiti. Le donne incinte generalmente soffrono febbre, spossatezza e dolore. La listeriosi possono però avere conseguenze sul feto.
La listeriosi si può evitare, attenendosi alle generali regole che aiutano a prevenire qualsiasi infezione alimentare. Le principali sono:
La terapia è antibiotica. Nel caso di una donna in gravidanza la tempestiva somministrazione dell’antibiotico può aiutare a prevenire la trasmissione della malattia al feto. Per poter agire tempestivamente e bloccare un’eventuale epidemia è obbligatorio comunicare alle reti di sorveglianza sulla sicurezza alimentare ogni infezione.
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