Nella fisica come nella psicologia, c'è una teoria che spiega quali sono le origini del caos. Chiamato Effetto Farfalla, questo principio afferma che qualsiasi azione o decisione determina nel corso del tempo una serie di avvenimenti a essa direttamente collegati, spesso dalle conseguenze imprevedibili. La locuzione fa riferimento al battito delle ali di una farfalla che, nel verificarsi, produce nell'atmosfera dei piccoli cambiamenti che però, altrove, possono tradursi in grandi variazioni. Secondo questa logica, così come una farfalla che batte le ali «può provocare un uragano dall’altra parte del mondo» (dal film The Butterfly Effect), anche una semplice parola può produrre degli effetti sulla propria vita o quella di qualcun altro. Questo accade senz'altro quando si parla di infertilità, un tema ancora oggi tabù che, proprio perché privo di una coscienza e conoscenza comune, ha il potenziale di scatenare effetti disastrosi su chi sta vivendo questa difficoltà. Riconfermando il peso che le parole hanno su chi ci sta intorno, questo si propone come un argomento su cui, soprattutto in tempi in cui i social hanno reso così labile il confine tra libertà di espressione e abuso di libertà, è fondamentale puntare un riflettore.
A prendersi carico di diffondere una maggiore informazione e sensibilità rispetto all'infertilità maschile, femminile e di coppia ci pensa IVI, leader mondiale in Medicina Riproduttiva, che insieme all’associazione Strada Per Un Sogno e il movimento Oneofmany di Loredana Vanini sta cercando di ridefinire il modo in cui l’infertilità viene comunicata, rappresentata, raccontata. A raccontarci da dentro il progetto Il Linguaggio della Fertilità sono la Dottoressa Daniela Galliano, medico chirurgo specializzato in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione Responsabile del Centro PMA di IVI Roma, e la Dottoressa Vincenza Zimbardi, psicolga clinica della Riproduzione del Centro PMA di IVI Roma.
Daniela Galliano: «Come gruppo leader nel settore della riproduzione assistita, desideriamo migliorare il modo in cui l’infertilità viene vissuta e affrontata, sia dal punto di vista medico, che all’interno del proprio contesto familiare, ma anche verso la società in generale proponendo termini e modi alternativi per raccontare questa tematica. Il progetto Il Linguaggio della Fertilità nasce quindi dalla volontà di contribuire a cambiare la narrazione utilizzata per parlare di infertilità e procreazione medicalmente assistita, partendo dalla necessità di rompere i tabù e di essere più vicini a tutte le persone che stanno vivendo l’infertilità, indipendentemente dalla fase del percorso in cui si trovano, per provare a renderlo il più semplice e sopportabile possibile. Assistiamo quotidianamente ai possibili effetti negativi che possono avere sulle coppie l’utilizzo di un linguaggio poco inclusivo e rispettoso, per questo crediamo molto in questo progetto e nelle necessità di fare qualcosa di concreto all’interno della nostra società».
Vincenza Zimbardi: «La diagnosi di infertilità da sempre ha un potere evocativo enorme. Fa emergere emozioni intense e spesso sconosciute e comporta profonde trasformazioni nell’equilibrio di una persona e nella relazione di coppia. Per questo, nell’atto medico della PMA la componente tecnica e quella relazionale sono indissolubilmente collegate. È necessario fare in modo che un linguaggio più adeguato e “pensato” diventi un linguaggio di uso comune, entri nelle fibre non solo della comunicazione sanitaria, ma anche sociale, amicale, familiare. L’ infertilità non è affatto una condizione innaturale, è solo una delle manifestazioni delle tante varianti dell’essere umano. Quindi anche le cure relative, pur se svolte in ambito medico ed in laboratorio, vanno ad agire su questa variante. Le biotecnologie ci aiutano dunque a vivere meglio ed hanno un effetto molto interessante, perché confondendo finalmente naturale e culturale, rendono possibile ciò che la natura da sola non riesce a fare. La sfida, quindi, è abbracciare questa complessità, destigmatizzarla, normalizzarla, partendo proprio da un linguaggio che a sua volta nasce da un’evoluzione del pensiero».
Daniela Galliano: «I media dovrebbero impegnarsi nel diventare una parte attiva nel cambiamento del linguaggio in cui si descrive l’infertilità: prima di cercare di fare un titolo sensazionalistico utilizzando parole “estreme” fermarsi a riflettere che in alcune persone quelle parole possono creare malumori, disagi o confusione. Utilizzare una terminologia che dimostri vicinanza e comprensione, informarsi adeguatamente quando si descrive un trattamento o una tecnica, anche impegnarsi a condividere storie autentiche che aiutino a rappresentare in modo autentico l’infertilità e che aiutino a creare empatia. Sono piccoli passi che tutti insieme possono aiutare a cambiare la situazione».
Vincenza Zimbardi: «È vero, oggi l’età della progettualità procreativa si è spostata molto in avanti, al contempo l’infertilità è in aumento anche nei soggetti giovani di entrambi i sessi. La scarsa informazione relativa alla fertilità femminile concorre ad alimentare l’erronea convinzione che, fino alla menopausa, ci sia sempre tempo per avere un figlio. Le più giovani, nel pieno dell’età fertile, non avvertono psicologicamente l’infertilità come un possibile problema futuro. Diventa dunque sempre più urgente sviluppare una cultura sulla fertilità, anche maschile, che possa aiutare le donne e le coppie a compiere scelte ponderate e consapevoli. Informare anche sulla possibilità di congelare gli ovociti può essere forse una procedura di empowerment, una forma di prevenzione primaria della infertilità futura che potrebbe evitare costi psicologici ed economici nel lungo periodo. Nel nostro Paese è certamente necessario sensibilizzare maggiormente sui temi della fertilità, anche nella comunità medico-scientifica, così da incentivare gli operatori sanitari a informare meglio i propri pazienti, a favore della genitorialità responsabile».
Daniela Galliano: «Sul tema della maternità, i social sono un po’ lo specchio della società quando con un commento magari senza troppo pensiero dietro, si giudica una sfera così intima e privata senza permesso e senza pensare che ci sia realmente una persona che legge e che può risentire delle frasi scritte. Penso che per creare maggiore sensibilità su questo tema sia necessario parlarne con i giusti termini, chiedere il rispetto della propria sfera privata pur non rinunciando alla condivisione se si ha voglia di farlo, ma invitando al rispetto e l’educazione delle proprie scelte di vita, ed eventualmente allontanarsi dalle situazioni che possono creare disagio».
2023-11-17T12:51:36Z dg43tfdfdgfd